Il contributo focalizza la sua attenzione sul sistema di scambi tra famiglie a partire dalla rilevazioni ISTAT. L’intereresse per le reti sociali primarie va ben al di là di una semplice curiosità accademica, ma diventa terreno fertile sul quale impiantare una riflessione sul sostegno sociale che non sia più solo di marca anglo-americana. La rilevazione periodica del sistema di scambi tra il dentro ed il fuori della famiglia, inaugurata dall’ISTAT, in occasione della prima indagine del 1983 sulle strutture e sui comportamenti delle famiglie e ripresa, successivamente, nelle diverse multiscopo, gli studi sulle relazioni di vicinato, le riflessioni sul care giver , ricerche circostanziate sui rapporti famiglia-servizi formali-servizi informali hanno offerto contributi stimolanti ed interessanti in direzione di una migliore comprensione delle dinamiche che spesso il termine informale – riferito alle relazioni amicali, parentali, di vicinato – nasconde. L’informale è molto meno nebuloso di quanto si pensi, nel senso che manifesta dinamiche, tendenze al cambiamento, ma anche in direzione della nascita di specifiche configurazioni relazioni, delle quali non si può non tener conto quando si propone, per esempio, interventi di community care. Gli scambi parentali sono forti e significativi, ma sempre più frequentemente avvengono all’interno di una linea di discendenza a baccello (e non più ad albero): quindi coinvolgono meno soggetti (genitori, figli e nipoti non coabitanti), ognuno dei quali vive in una struttura di vincoli molto esclusiva ed onerosa. Le relazioni di vicinato, soprattutto in ambiente urbano, sono a relazionalità bassa. La responsabilità della cura e dell’assistenza ‘informale’ grava soprattutto sulle spalle delle donne, che sperimentano una situazione di più accentuato isolamento rispetto alle reti della socievolezza. Le risorse informali – nelle loro diverse componenti – tendono a penalizzare anziani e soggetti dei livelli socio-culturali più bassi: soggetti che, tuttavia, sperimentano un più elevato livello di bisogni, che più frequentemente fanno riferimento ai servizi socio-sanitari istituzionali e che, quindi, più pagherebbero i costi di una community care fatta con la finalità di integrare un carente social support di fonte non istituzionale. In un'ottica di sussidiarietà nella riforma dei sistemi di welfare locali, le reti informali devono essere fatte oggetto di un monitoraggio continuo, dal momento che dipendono moltissimo dalla dinamica demografica della popolazione e dalle caratteristiche dei soggetti che danno vita a queste reti o che in esse si trovano ad agire. Donne, anziani, soggetti di estrazione socio-culturale bassa esprimono modelli di socievolezza più angusti e ristretti, sia come ampiezza delle reti amicali, che come livello di contestualizzazione parentale-familiare dei rapporti amicali. Per questi motivi, in una riflessione tesa a puntualizzare il problema dell’equità nell’accesso alle risorse pubbliche, private, di terzo e di quarto settore (settore questo identificabile con le reti amicali, parentali e di vicinato) tra e dentro i diversi gruppi sociali (generazioni, uomini e donne, classi socio-culturali), non si può sottacere ed ignorare che così come i diversi gruppi sociali manifestano gradi diversi di accesso alle risorse formali, istituzionali, si differenziano anche nell’accesso alle risorse informali, secondo una logica che non è quella della compensazione (e/o sostituzione), ma della cumulazione.

La cultura della cura e della solidarietà

DI NICOLA, Paola
2005-01-01

Abstract

Il contributo focalizza la sua attenzione sul sistema di scambi tra famiglie a partire dalla rilevazioni ISTAT. L’intereresse per le reti sociali primarie va ben al di là di una semplice curiosità accademica, ma diventa terreno fertile sul quale impiantare una riflessione sul sostegno sociale che non sia più solo di marca anglo-americana. La rilevazione periodica del sistema di scambi tra il dentro ed il fuori della famiglia, inaugurata dall’ISTAT, in occasione della prima indagine del 1983 sulle strutture e sui comportamenti delle famiglie e ripresa, successivamente, nelle diverse multiscopo, gli studi sulle relazioni di vicinato, le riflessioni sul care giver , ricerche circostanziate sui rapporti famiglia-servizi formali-servizi informali hanno offerto contributi stimolanti ed interessanti in direzione di una migliore comprensione delle dinamiche che spesso il termine informale – riferito alle relazioni amicali, parentali, di vicinato – nasconde. L’informale è molto meno nebuloso di quanto si pensi, nel senso che manifesta dinamiche, tendenze al cambiamento, ma anche in direzione della nascita di specifiche configurazioni relazioni, delle quali non si può non tener conto quando si propone, per esempio, interventi di community care. Gli scambi parentali sono forti e significativi, ma sempre più frequentemente avvengono all’interno di una linea di discendenza a baccello (e non più ad albero): quindi coinvolgono meno soggetti (genitori, figli e nipoti non coabitanti), ognuno dei quali vive in una struttura di vincoli molto esclusiva ed onerosa. Le relazioni di vicinato, soprattutto in ambiente urbano, sono a relazionalità bassa. La responsabilità della cura e dell’assistenza ‘informale’ grava soprattutto sulle spalle delle donne, che sperimentano una situazione di più accentuato isolamento rispetto alle reti della socievolezza. Le risorse informali – nelle loro diverse componenti – tendono a penalizzare anziani e soggetti dei livelli socio-culturali più bassi: soggetti che, tuttavia, sperimentano un più elevato livello di bisogni, che più frequentemente fanno riferimento ai servizi socio-sanitari istituzionali e che, quindi, più pagherebbero i costi di una community care fatta con la finalità di integrare un carente social support di fonte non istituzionale. In un'ottica di sussidiarietà nella riforma dei sistemi di welfare locali, le reti informali devono essere fatte oggetto di un monitoraggio continuo, dal momento che dipendono moltissimo dalla dinamica demografica della popolazione e dalle caratteristiche dei soggetti che danno vita a queste reti o che in esse si trovano ad agire. Donne, anziani, soggetti di estrazione socio-culturale bassa esprimono modelli di socievolezza più angusti e ristretti, sia come ampiezza delle reti amicali, che come livello di contestualizzazione parentale-familiare dei rapporti amicali. Per questi motivi, in una riflessione tesa a puntualizzare il problema dell’equità nell’accesso alle risorse pubbliche, private, di terzo e di quarto settore (settore questo identificabile con le reti amicali, parentali e di vicinato) tra e dentro i diversi gruppi sociali (generazioni, uomini e donne, classi socio-culturali), non si può sottacere ed ignorare che così come i diversi gruppi sociali manifestano gradi diversi di accesso alle risorse formali, istituzionali, si differenziano anche nell’accesso alle risorse informali, secondo una logica che non è quella della compensazione (e/o sostituzione), ma della cumulazione.
2005
9788815107404
reti di scambio; aiuti informali; welfare locale
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11562/306342
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact