L'idea tradizionale del principio di similitudine - anche noto come “regola del simile” o semplicemente “il simile” come in questo testo - afferma che una sostanza, capace di indurre la comparsa di una serie di sintomi in un organismo sano, è anche in grado, a certe condizioni, di curare quegli stessi sintomi se applicata a bassa dose. Tale principio empirico è profondamente radicato nella storia della medicina fin dai tempi della Scuola di Ippocrate e lo vediamo ri-affiorare, nel corso dei secoli, in diversi paesi e culture. Anche oggi, in un’era super-tecnologica ed in occidente, si osserva un’inattesa rinascita e diffusione delle pratiche mediche che su di esso si fondano, cosa che non cessa di far discutere il mondo sanitario ed accademico. Se si chiedesse ad un ricercatore, che lavora in un campo medico-scientifico ad alto livello di specializzazione, un giudizio sulle applicazioni del principio di similitudine in medicina, la risposta sarebbe probabilmente che non ne ha mai sentito parlare, o che si tratta di una vecchia assurdità; d’altra parte, se lo si chiedesse ad un medico omeopata, egli direbbe facilmente che si tratta di una legge fondamentale dell’omeopatia, senza saperne però fornire spiegazioni scientificamente documentate. È quindi necessario affrontare la questione in modo da evitare di cadere nelle posizioni opposte, che ormai suonano più come il segno di una scarsa informazione che come la convinta difesa di un sistema di pensiero. Questo libro è un ottimo strumento per un lavoro di analisi storica e scientifica delle basi teoriche e delle applicazioni mediche del principio dei simili. Esso fu pubblicato nel 1936 negli Stati Uniti, ma i suoi contenuti sono ancora di attualità perché affrontano lo sviluppo del problema del “similia similibus curantur” - sia nella medicina antica sia nelle sue applicazioni da parte dell’omeopatia - in modo documentato, razionale e critico così come pochi sono riusciti a fare. L’idea-guida è che il “simile” ed il “contrario” sono due impostazioni concettuali e terapeutiche che dovrebbero avere (e purtroppo ancora non hanno) pari dignità culturale e pari libertà di sviluppo scientifico. Si tratta, in fondo, di diverse prospettive con cui si guarda alla patologia e se ne cercano i rimedi. Così si legge nel cap. 43: “A giudizio dello scrivente è stato un vero peccato che due ugualmente validi metodi di ricerca clinico-farmacologica siano stati visti come mutuamente esclusivi, mentre potrebbero bene complementarsi a vicenda. Probabilmente tale divisione si è verificata perché entrambi i metodi si sono dimostrati fruttuosi nelle mani degli operatori che li utilizzavano e, di conseguenza, costoro hanno ceduto alla tentazione di magnificare l’importanza del proprio metodo, escludendo gli altri.” Linn John Boyd (1895-1975) era sia medico omeopata sia docente universitario di medicina. Laureato nel 1918 presso l’University of Michigan, prestò servizio come medico nella Marina americana. Fu per venticinque anni professore di medicina interna e docente di farmacologia presso il N. York Homeopathic Medical College and Flower Hospital. Le notizie biografiche reperibili lo danno come molto attivo nella comunità medica newyorkese, autore di molte pubblicazioni e conferenze. Questo libro è il suo contributo più completo e maturo, spaziando dalla ricerca farmacologica di base alle applicazioni mediche del “simile” in varie patologie. Molte cose sono cambiate in medicina dai tempi di Boyd i quali, se si guardano alla luce delle attuali conoscenze scientifiche e farmacologiche, sono ormai avvolti nella nebbia dei tempi passati e difficilmente possono dire qualcosa oltre l’interesse storiografico. Chi andrebbe oggi a riprendere in mano un libro di biochimica o di chirurgia degli anni trenta? Diverso è il caso di quest’opera, perché essa tratta di una questione esemplare che attraversa senza risposta definitiva l’intero sapere medico: come curare nel rispetto delle dinamiche di guarigione intrinseche dell’organismo, piuttosto che come mera soppressione dei sintomi: “Il simile, che opera attraverso gli stessi mezzi che usa il potere di guarigione dell’organismo (che dal simile viene attivato o potenziato), dovrebbe essere chiamato appropriatamente guarigione biologica” (cap. 48). La sua attualità sta proprio nel fatto che molti problemi nelle basi teoriche e nelle applicazioni su larga scala della medicina occidentale, ben evidenziati da Boyd, non si sono risolti ma piuttosto si sono acuiti con l’aumento delle conoscenze biomediche. Si pensi, ad esempio, all’osservazione che gli effetti delle sostanze medicinali - naturali o di sintesi - non sono sempre e facilmente prevedibili in quanto esse hanno molteplici azioni, dipendenti dalle dosi, dalla sensibilità dell’organo, dalle condizioni di sensibilità dell’organismo. Il problema dell’effetto di un farmaco non è solo da vedere in termini di dosaggi (farmacocinetica), ma anche in termini delle reazioni che il farmaco provoca nell’organismo (farmacodinamica) e questo tema è strettamente legato al “simile” in quanto richiama il principio di un’azione (in teoria vista come potenzialmente tossica o comunque perturbante nel soggetto sano) seguita da reazione (in teoria vista come potenzialmente terapeutica nel soggetto malato). Le idee che Boyd espone a proposito di iodio, oppio o sali mercuriali, oggi si possono applicare con minime variazioni alle citochine o ai neuropeptidi. Infatti, Boyd tenta di scoprire le “regole del gioco” universalmente valide, che sottostanno agli effetti inversi e paradossali dei farmaci: ad esempio, dopo aver citato ben 126 pubblicazioni sugli effetti di fase inversa dell’adrenalina, afferma (cap. 48): “La rassegna sopra riportata rappresenta solo una piccola porzione della vastissima letteratura sulla farmacologia dell’adrenalina. Tuttavia, queste citazioni bastano a far capire quanto sia necessaria qualche formulazione generalizzante, che tenti di mettere ordine nell’enorme serie di risultati, spesso contraddittori.” Il lavoro va quindi letto sia come documento storico sia come documento scientifico.

Il Simile in Medicina. Medicina Ippocratica, Omeopatia e Scienza

BELLAVITE, Paolo
2001-01-01

Abstract

L'idea tradizionale del principio di similitudine - anche noto come “regola del simile” o semplicemente “il simile” come in questo testo - afferma che una sostanza, capace di indurre la comparsa di una serie di sintomi in un organismo sano, è anche in grado, a certe condizioni, di curare quegli stessi sintomi se applicata a bassa dose. Tale principio empirico è profondamente radicato nella storia della medicina fin dai tempi della Scuola di Ippocrate e lo vediamo ri-affiorare, nel corso dei secoli, in diversi paesi e culture. Anche oggi, in un’era super-tecnologica ed in occidente, si osserva un’inattesa rinascita e diffusione delle pratiche mediche che su di esso si fondano, cosa che non cessa di far discutere il mondo sanitario ed accademico. Se si chiedesse ad un ricercatore, che lavora in un campo medico-scientifico ad alto livello di specializzazione, un giudizio sulle applicazioni del principio di similitudine in medicina, la risposta sarebbe probabilmente che non ne ha mai sentito parlare, o che si tratta di una vecchia assurdità; d’altra parte, se lo si chiedesse ad un medico omeopata, egli direbbe facilmente che si tratta di una legge fondamentale dell’omeopatia, senza saperne però fornire spiegazioni scientificamente documentate. È quindi necessario affrontare la questione in modo da evitare di cadere nelle posizioni opposte, che ormai suonano più come il segno di una scarsa informazione che come la convinta difesa di un sistema di pensiero. Questo libro è un ottimo strumento per un lavoro di analisi storica e scientifica delle basi teoriche e delle applicazioni mediche del principio dei simili. Esso fu pubblicato nel 1936 negli Stati Uniti, ma i suoi contenuti sono ancora di attualità perché affrontano lo sviluppo del problema del “similia similibus curantur” - sia nella medicina antica sia nelle sue applicazioni da parte dell’omeopatia - in modo documentato, razionale e critico così come pochi sono riusciti a fare. L’idea-guida è che il “simile” ed il “contrario” sono due impostazioni concettuali e terapeutiche che dovrebbero avere (e purtroppo ancora non hanno) pari dignità culturale e pari libertà di sviluppo scientifico. Si tratta, in fondo, di diverse prospettive con cui si guarda alla patologia e se ne cercano i rimedi. Così si legge nel cap. 43: “A giudizio dello scrivente è stato un vero peccato che due ugualmente validi metodi di ricerca clinico-farmacologica siano stati visti come mutuamente esclusivi, mentre potrebbero bene complementarsi a vicenda. Probabilmente tale divisione si è verificata perché entrambi i metodi si sono dimostrati fruttuosi nelle mani degli operatori che li utilizzavano e, di conseguenza, costoro hanno ceduto alla tentazione di magnificare l’importanza del proprio metodo, escludendo gli altri.” Linn John Boyd (1895-1975) era sia medico omeopata sia docente universitario di medicina. Laureato nel 1918 presso l’University of Michigan, prestò servizio come medico nella Marina americana. Fu per venticinque anni professore di medicina interna e docente di farmacologia presso il N. York Homeopathic Medical College and Flower Hospital. Le notizie biografiche reperibili lo danno come molto attivo nella comunità medica newyorkese, autore di molte pubblicazioni e conferenze. Questo libro è il suo contributo più completo e maturo, spaziando dalla ricerca farmacologica di base alle applicazioni mediche del “simile” in varie patologie. Molte cose sono cambiate in medicina dai tempi di Boyd i quali, se si guardano alla luce delle attuali conoscenze scientifiche e farmacologiche, sono ormai avvolti nella nebbia dei tempi passati e difficilmente possono dire qualcosa oltre l’interesse storiografico. Chi andrebbe oggi a riprendere in mano un libro di biochimica o di chirurgia degli anni trenta? Diverso è il caso di quest’opera, perché essa tratta di una questione esemplare che attraversa senza risposta definitiva l’intero sapere medico: come curare nel rispetto delle dinamiche di guarigione intrinseche dell’organismo, piuttosto che come mera soppressione dei sintomi: “Il simile, che opera attraverso gli stessi mezzi che usa il potere di guarigione dell’organismo (che dal simile viene attivato o potenziato), dovrebbe essere chiamato appropriatamente guarigione biologica” (cap. 48). La sua attualità sta proprio nel fatto che molti problemi nelle basi teoriche e nelle applicazioni su larga scala della medicina occidentale, ben evidenziati da Boyd, non si sono risolti ma piuttosto si sono acuiti con l’aumento delle conoscenze biomediche. Si pensi, ad esempio, all’osservazione che gli effetti delle sostanze medicinali - naturali o di sintesi - non sono sempre e facilmente prevedibili in quanto esse hanno molteplici azioni, dipendenti dalle dosi, dalla sensibilità dell’organo, dalle condizioni di sensibilità dell’organismo. Il problema dell’effetto di un farmaco non è solo da vedere in termini di dosaggi (farmacocinetica), ma anche in termini delle reazioni che il farmaco provoca nell’organismo (farmacodinamica) e questo tema è strettamente legato al “simile” in quanto richiama il principio di un’azione (in teoria vista come potenzialmente tossica o comunque perturbante nel soggetto sano) seguita da reazione (in teoria vista come potenzialmente terapeutica nel soggetto malato). Le idee che Boyd espone a proposito di iodio, oppio o sali mercuriali, oggi si possono applicare con minime variazioni alle citochine o ai neuropeptidi. Infatti, Boyd tenta di scoprire le “regole del gioco” universalmente valide, che sottostanno agli effetti inversi e paradossali dei farmaci: ad esempio, dopo aver citato ben 126 pubblicazioni sugli effetti di fase inversa dell’adrenalina, afferma (cap. 48): “La rassegna sopra riportata rappresenta solo una piccola porzione della vastissima letteratura sulla farmacologia dell’adrenalina. Tuttavia, queste citazioni bastano a far capire quanto sia necessaria qualche formulazione generalizzante, che tenti di mettere ordine nell’enorme serie di risultati, spesso contraddittori.” Il lavoro va quindi letto sia come documento storico sia come documento scientifico.
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11562/27838
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact