M. Ugolini Un approccio di service management per la gestione del reparto ospedaliero Giuffrè editore, Milano, 2004 “Non ho studiato medicina per mettermi a fare il burocrate!” Questo è, con toni e termini diversi, ciò che molti medici pensano del proprio lavoro. Talvolta la parola burocrate è sostituita da gestore, da amministratore o da manager, in ogni modo molto diffusi sono i sentimenti di non identificazione con i nuovi ruoli che la trasformazione della Sanità italiana ha portato con sé. Sentimenti che affondano le loro radici in una sensazione di impoverimento professionale, di allontanamento dalla primaria e nobile funzione del medico, quella della cura dei malati. Simile atteggiamento si comprende se si riflette sui modi con cui le innovazioni gestionali sono state introdotte nel sistema sanitario, attraverso leggi, regolamenti, provvedimenti aziendali che sono calati «dall’alto» senza coinvolgere più di tanto coloro che si trovano a contatto con i pazienti. Ad accentuare il senso di disagio contribuisce altresì la mancanza di una specifica formazione in senso manageriale nel personale sanitario, anche di quello con funzioni direttive. Il libro nasce come un possibile percorso di avvicinamento al mestiere di manager per i primari ospedalieri, oggi etichettati con l’oscura espressione di «direttori di Struttura Complessa». Percorso che è il frutto di anni di ricerche e collaborazioni sviluppate con diversi reparti ospedalieri nel Veneto. Si è avuto modo così di scendere in corsia, di affiancare medici, infermieri, tecnici di laboratorio e altri operatori nel loro lavoro quotidiano, di condividere i problemi, le frustrazioni e le anche soddisfazioni dei primari e dei gruppi di lavoro investiti di progetti di miglioramento. Si è dunque pienamente consapevoli della peculiarità del servizio sanitario, che non si presta ad una diretta applicazione di tecniche e modelli perfezionati altrove, magari in contesti manifatturieri. Per tali ragioni si è scelto, nel presente lavoro, di impostare il ragionamento sul singolo reparto ospedaliero e di vedere il suo direttore, il primario, come attore protagonista del cambiamento. Ogni reparto rappresenta infatti una realtà sanitaria ed organizzativa a sé, con determinati problemi di salute da affrontare e specifici aspetti organizzativi che la caratterizzano. In tale contesto, la responsabilità manageriale non può che essere affidata ad un medico, persona che può mantenere il contatto con i pazienti ed ottenere dai colleghi il riconoscimento di una leadership tecnica, derivante dalle competenze e dall’esperienza pratica. Il servizio sanitario si rivolge infatti a persone che soffrono, in un contesto scientifico ed organizzativo che tende ad una sempre più accentuata specializzazione delle conoscenze e delle unità organizzative. Insomma, il servizio sanitario è un fatto complesso che non si può affrontare solo con la professionalità ma anche con l’umanità. D’altro canto diventa sempre più evidente che il servizio stesso non si esaurisce nel contributo del singolo professionista ma richiede un lavoro di squadra, dentro il reparto ospedaliero e al di fuori di esso, con il coinvolgimento attivo del paziente e di coloro che lo affiancano. Lo diceva Ippocrate nei suoi aforismi: “La vita è breve, l’arte è lunga, l’occasione è fugace, l’esperienza è fallace, il giudizio è difficile. Bisogna che non solo il medico sia pronto a fare da sé le cose che debbono essere fatte, ma anche il malato, gli astanti, le cose esterne” . Lo ribadisce la più recente charter della professione medica, che riconosce l’autonomia del paziente ed il valore della collaborazione tra professionisti sanitari . Lo avvertono infine i pazienti, sgomenti di fronte ad una medicina sempre più tecnologica e meno umana: il boom delle terapie alternative può essere letto anche in questa prospettiva. Le doti di umanità e la squadra diventano allora essenziali nel servizio sanitario: esse si possono esprimere se si trova un allenatore che conosce gli schemi di gioco e le dinamiche dello spogliatoio: il primario è chiamato dunque ad un compito assai impegnativo e nobile, quello di costruire le condizioni organizzative perché la gestione del suo reparto sia improntata alla centralità del paziente e perché le persone che vi lavorano rimangano motivate da un clima positivo. Sono entrambi aspetti affascinanti del lavoro di un medico-manager, responsabile di un reparto ospedaliero, aspetti che dovrebbero, piuttosto, essere visti come il coronamento di una scelta professionale volta alla cura dei malati. L’ambito delle attività manageriali per il primario ospedaliero è dunque assai vasto; in questa sede si preferisce limitare il campo alla conoscenza degli schemi di gioco, ovvero delle tecniche e dei modelli manageriali che consentono di tradurre in pratica il principio della centralità del paziente. Per quanto attiene alla gestione delle persone, si rimanda all’ampia letteratura sulla leadership sviluppata negli ultimi anni, in parte richiamata in nota nel lavoro. La ricerca dei modelli e degli strumenti manageriali utili per il primario ospedaliero verrà condotta all’interno del quadro di riferimento teorico rappresentato dagli studi di service management. Si tratta di un’area delle discipline aziendali piuttosto giovane, ma che presenta al suo interno tutta una serie di concetti e di “attrezzi del mestiere” di cui si è sperimentata l’applicabilità in campo sanitario , peraltro in contesti differenti. Gli attrezzi nel loro insieme si connettono ad un consolidato modello per la qualità del servizio, quello della confirmation/disconfirmation, secondo il quale occorre che il fruitore percepisca un livello di servizio quanto meno adeguato rispetto alle sue aspettative. Con riferimento al tema della qualità in Sanità, infatti, si ha la sensazione che l’argomento, seppure «sfruttato» da una vasta produzione editoriale, convegnistica e di corsi di formazione, richieda la messa a punto di strumenti operativi che il decisore possa applicare per implementare il miglioramento nella propria realtà. La qualità rischia, in assenza di tali concrete applicazioni, di trasformarsi infatti in una petizione di principi, slegata dall’operatività quotidiana. Questo è il rischio che si corre, nelle Aziende Ospedaliere e negli ospedali in genere, quando si affronta la sfida della qualità con un approccio top-down, che promana dai vertici della struttura senza tener conto delle peculiarità dei singoli reparti o unità di servizio. E questo è anche il rischio della certificazione di qualità, che poco si adatta ai caratteri delle diverse strutture, dovendo rispondere ad un modello predefinito e uniforme e finendo per «imbalsamare» la realtà entro schemi troppo rigidi. Sotto il profilo terminologico, si è deciso di utilizzare proprio i comuni termini di «reparto» e di «primario» per designare l’unità organizzativa ed il soggetto destinatari dei modelli manageriali proposti. In un contesto dove le denominazioni vengono continuamente cambiate ma dove il vero cambiamento incontra tenaci resistenze, si preferisce limitare il più possibile le novità terminologiche, che rischiano di essere fuorvianti. Coerentemente, nel lavoro si userà sempre il termine di paziente per riferirsi al destinatario del servizio sanitario e non quello, apparentemente più moderno, di cliente. Si riserverà l’espressione di cliente ai ragionamenti generali sul mondo dei servizi e sul service management, cercando d’altra parte di rendere concreto quel principio di centralità del paziente che non è per nulla scontato nella sanità attuale. Con l’intento di mostrare la praticabilità degli interventi proposti nella realtà del nostro sistema sanitario, il testo contiene una serie di riferimenti esemplificativi a casi e realtà che si sono osservati. Per non dare una sensazione di eccessiva frammentazione, si è deciso di selezionare tali casi tra le sperimentazioni condotte e di mantenersi all’interno delle patologie toraciche. Queste ultime offrono un interessante spaccato delle dinamiche in atto nei servizi sanitari odierni, con i problemi della complessità dei percorsi di cura multidisciplinari. Senza pretese di completezza, con l’obiettivo di mettere davvero in pratica la qualità, questo testo cerca di sostenere il trasferimento della cultura manageriale in ambito sanitario, volendo lanciare un ponte tra due mondi troppo spesso contrapposti, quello dei clinici e quello dei professionisti della gestione. Il volume si presta ad essere letto seguendo la traccia di alcune domande-guida, come rappresentato alla fig. 1, che sintetizza anche le scelte principali del lavoro ed i riferimenti ai vari capitoli. Schema 1 Guida alla lettura del volume Domanda Principio – chiave Capitolo Qualità: per chi? Per il paziente Cap. 1 Qualità: dove ? Nel reparto ospedaliero Cap. 1 Qualità: come? Il modello centrato sul paziente Cap. 1 Ma noi cosa facciamo? Il prodotto Cap. 2 Come lo facciamo? Il processo Cap. 2 Cosa fanno i nostri pazienti? La partecipazione del paziente Cap. 3 Come facciamo a capire se i nostri pazienti sono soddisfatti? L’ascolto del paziente Cap. 4 Possiamo davvero fare un salto di qualità e lavorare meglio? Verso l’attractive quality Cap. 5 Le domande portano a rendersi conto come ci sia assai poco di burocratico nel ruolo di colui che deve implementare la qualità, in questo caso il primario ospedaliero. Anzi i molti casi su cui si è lavorato sul campo prima di passare alla stesura di questo lavoro testimoniano come occorrano doti di fantasia, di creatività, in alcuni casi di vera imprenditorialità per riuscire a rendere concreta la qualità, in un contesto dove le risorse diventano sempre più scarse ed occorre sperimentare nuove forme organizzative per rispondere a problemi nuovi. Insomma, si è avuto modo di convincersi che per il primario dover essere manager non sia una perdita professionale e nemmeno un adeguamento alla legge o alla normativa. Piuttosto, nel diventare allenatore di una squadra, il primario è chiamato a dare il meglio di sé stesso, come professionista e come uomo.

Un approccio di service management per la gestione del reparto ospedaliero

UGOLINI, Marta Maria
2004-01-01

Abstract

M. Ugolini Un approccio di service management per la gestione del reparto ospedaliero Giuffrè editore, Milano, 2004 “Non ho studiato medicina per mettermi a fare il burocrate!” Questo è, con toni e termini diversi, ciò che molti medici pensano del proprio lavoro. Talvolta la parola burocrate è sostituita da gestore, da amministratore o da manager, in ogni modo molto diffusi sono i sentimenti di non identificazione con i nuovi ruoli che la trasformazione della Sanità italiana ha portato con sé. Sentimenti che affondano le loro radici in una sensazione di impoverimento professionale, di allontanamento dalla primaria e nobile funzione del medico, quella della cura dei malati. Simile atteggiamento si comprende se si riflette sui modi con cui le innovazioni gestionali sono state introdotte nel sistema sanitario, attraverso leggi, regolamenti, provvedimenti aziendali che sono calati «dall’alto» senza coinvolgere più di tanto coloro che si trovano a contatto con i pazienti. Ad accentuare il senso di disagio contribuisce altresì la mancanza di una specifica formazione in senso manageriale nel personale sanitario, anche di quello con funzioni direttive. Il libro nasce come un possibile percorso di avvicinamento al mestiere di manager per i primari ospedalieri, oggi etichettati con l’oscura espressione di «direttori di Struttura Complessa». Percorso che è il frutto di anni di ricerche e collaborazioni sviluppate con diversi reparti ospedalieri nel Veneto. Si è avuto modo così di scendere in corsia, di affiancare medici, infermieri, tecnici di laboratorio e altri operatori nel loro lavoro quotidiano, di condividere i problemi, le frustrazioni e le anche soddisfazioni dei primari e dei gruppi di lavoro investiti di progetti di miglioramento. Si è dunque pienamente consapevoli della peculiarità del servizio sanitario, che non si presta ad una diretta applicazione di tecniche e modelli perfezionati altrove, magari in contesti manifatturieri. Per tali ragioni si è scelto, nel presente lavoro, di impostare il ragionamento sul singolo reparto ospedaliero e di vedere il suo direttore, il primario, come attore protagonista del cambiamento. Ogni reparto rappresenta infatti una realtà sanitaria ed organizzativa a sé, con determinati problemi di salute da affrontare e specifici aspetti organizzativi che la caratterizzano. In tale contesto, la responsabilità manageriale non può che essere affidata ad un medico, persona che può mantenere il contatto con i pazienti ed ottenere dai colleghi il riconoscimento di una leadership tecnica, derivante dalle competenze e dall’esperienza pratica. Il servizio sanitario si rivolge infatti a persone che soffrono, in un contesto scientifico ed organizzativo che tende ad una sempre più accentuata specializzazione delle conoscenze e delle unità organizzative. Insomma, il servizio sanitario è un fatto complesso che non si può affrontare solo con la professionalità ma anche con l’umanità. D’altro canto diventa sempre più evidente che il servizio stesso non si esaurisce nel contributo del singolo professionista ma richiede un lavoro di squadra, dentro il reparto ospedaliero e al di fuori di esso, con il coinvolgimento attivo del paziente e di coloro che lo affiancano. Lo diceva Ippocrate nei suoi aforismi: “La vita è breve, l’arte è lunga, l’occasione è fugace, l’esperienza è fallace, il giudizio è difficile. Bisogna che non solo il medico sia pronto a fare da sé le cose che debbono essere fatte, ma anche il malato, gli astanti, le cose esterne” . Lo ribadisce la più recente charter della professione medica, che riconosce l’autonomia del paziente ed il valore della collaborazione tra professionisti sanitari . Lo avvertono infine i pazienti, sgomenti di fronte ad una medicina sempre più tecnologica e meno umana: il boom delle terapie alternative può essere letto anche in questa prospettiva. Le doti di umanità e la squadra diventano allora essenziali nel servizio sanitario: esse si possono esprimere se si trova un allenatore che conosce gli schemi di gioco e le dinamiche dello spogliatoio: il primario è chiamato dunque ad un compito assai impegnativo e nobile, quello di costruire le condizioni organizzative perché la gestione del suo reparto sia improntata alla centralità del paziente e perché le persone che vi lavorano rimangano motivate da un clima positivo. Sono entrambi aspetti affascinanti del lavoro di un medico-manager, responsabile di un reparto ospedaliero, aspetti che dovrebbero, piuttosto, essere visti come il coronamento di una scelta professionale volta alla cura dei malati. L’ambito delle attività manageriali per il primario ospedaliero è dunque assai vasto; in questa sede si preferisce limitare il campo alla conoscenza degli schemi di gioco, ovvero delle tecniche e dei modelli manageriali che consentono di tradurre in pratica il principio della centralità del paziente. Per quanto attiene alla gestione delle persone, si rimanda all’ampia letteratura sulla leadership sviluppata negli ultimi anni, in parte richiamata in nota nel lavoro. La ricerca dei modelli e degli strumenti manageriali utili per il primario ospedaliero verrà condotta all’interno del quadro di riferimento teorico rappresentato dagli studi di service management. Si tratta di un’area delle discipline aziendali piuttosto giovane, ma che presenta al suo interno tutta una serie di concetti e di “attrezzi del mestiere” di cui si è sperimentata l’applicabilità in campo sanitario , peraltro in contesti differenti. Gli attrezzi nel loro insieme si connettono ad un consolidato modello per la qualità del servizio, quello della confirmation/disconfirmation, secondo il quale occorre che il fruitore percepisca un livello di servizio quanto meno adeguato rispetto alle sue aspettative. Con riferimento al tema della qualità in Sanità, infatti, si ha la sensazione che l’argomento, seppure «sfruttato» da una vasta produzione editoriale, convegnistica e di corsi di formazione, richieda la messa a punto di strumenti operativi che il decisore possa applicare per implementare il miglioramento nella propria realtà. La qualità rischia, in assenza di tali concrete applicazioni, di trasformarsi infatti in una petizione di principi, slegata dall’operatività quotidiana. Questo è il rischio che si corre, nelle Aziende Ospedaliere e negli ospedali in genere, quando si affronta la sfida della qualità con un approccio top-down, che promana dai vertici della struttura senza tener conto delle peculiarità dei singoli reparti o unità di servizio. E questo è anche il rischio della certificazione di qualità, che poco si adatta ai caratteri delle diverse strutture, dovendo rispondere ad un modello predefinito e uniforme e finendo per «imbalsamare» la realtà entro schemi troppo rigidi. Sotto il profilo terminologico, si è deciso di utilizzare proprio i comuni termini di «reparto» e di «primario» per designare l’unità organizzativa ed il soggetto destinatari dei modelli manageriali proposti. In un contesto dove le denominazioni vengono continuamente cambiate ma dove il vero cambiamento incontra tenaci resistenze, si preferisce limitare il più possibile le novità terminologiche, che rischiano di essere fuorvianti. Coerentemente, nel lavoro si userà sempre il termine di paziente per riferirsi al destinatario del servizio sanitario e non quello, apparentemente più moderno, di cliente. Si riserverà l’espressione di cliente ai ragionamenti generali sul mondo dei servizi e sul service management, cercando d’altra parte di rendere concreto quel principio di centralità del paziente che non è per nulla scontato nella sanità attuale. Con l’intento di mostrare la praticabilità degli interventi proposti nella realtà del nostro sistema sanitario, il testo contiene una serie di riferimenti esemplificativi a casi e realtà che si sono osservati. Per non dare una sensazione di eccessiva frammentazione, si è deciso di selezionare tali casi tra le sperimentazioni condotte e di mantenersi all’interno delle patologie toraciche. Queste ultime offrono un interessante spaccato delle dinamiche in atto nei servizi sanitari odierni, con i problemi della complessità dei percorsi di cura multidisciplinari. Senza pretese di completezza, con l’obiettivo di mettere davvero in pratica la qualità, questo testo cerca di sostenere il trasferimento della cultura manageriale in ambito sanitario, volendo lanciare un ponte tra due mondi troppo spesso contrapposti, quello dei clinici e quello dei professionisti della gestione. Il volume si presta ad essere letto seguendo la traccia di alcune domande-guida, come rappresentato alla fig. 1, che sintetizza anche le scelte principali del lavoro ed i riferimenti ai vari capitoli. Schema 1 Guida alla lettura del volume Domanda Principio – chiave Capitolo Qualità: per chi? Per il paziente Cap. 1 Qualità: dove ? Nel reparto ospedaliero Cap. 1 Qualità: come? Il modello centrato sul paziente Cap. 1 Ma noi cosa facciamo? Il prodotto Cap. 2 Come lo facciamo? Il processo Cap. 2 Cosa fanno i nostri pazienti? La partecipazione del paziente Cap. 3 Come facciamo a capire se i nostri pazienti sono soddisfatti? L’ascolto del paziente Cap. 4 Possiamo davvero fare un salto di qualità e lavorare meglio? Verso l’attractive quality Cap. 5 Le domande portano a rendersi conto come ci sia assai poco di burocratico nel ruolo di colui che deve implementare la qualità, in questo caso il primario ospedaliero. Anzi i molti casi su cui si è lavorato sul campo prima di passare alla stesura di questo lavoro testimoniano come occorrano doti di fantasia, di creatività, in alcuni casi di vera imprenditorialità per riuscire a rendere concreta la qualità, in un contesto dove le risorse diventano sempre più scarse ed occorre sperimentare nuove forme organizzative per rispondere a problemi nuovi. Insomma, si è avuto modo di convincersi che per il primario dover essere manager non sia una perdita professionale e nemmeno un adeguamento alla legge o alla normativa. Piuttosto, nel diventare allenatore di una squadra, il primario è chiamato a dare il meglio di sé stesso, come professionista e come uomo.
2004
8814115400
sanità; soddisfazione del paziente; qualità; carta dei servizi sanitari
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11562/25168
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact