Questo scritto ha affrontato una questione, al tempo, ancora pressoché trascurata nella dottrina italiana. Lo scritto è diviso in cinque paragrafi. Il primo paragrafo, quello introduttivo, inizia col rilevare come la CISG detti una disciplina settoriale, in quanto diretta regolare solo le compravendite internazionali e, in quest’ambito, solo determinate tipologie di compravendite. Si tratta, inoltre, di una disciplina non esaustiva, in quanto non risolve tutte le questioni che possono emergere in concreto in relazione a una fattispecie che pure rientri nel campo di applicazione della CISG medesima. Proprio in considerazione di ciò, emerge la domanda alla quale il saggio intende rispondere: l’applicabilità, a una determinata fattispecie, della CISG, esclude a priori la possibilità di ricorrere, in relazione a detta fattispecie, ai rimedi domestici non specificamente contemplati nella Convenzione, ma che risulterebbero esperibili ai sensi del diritto nazionale richiamato dalle norme di diritto internazionale privato del foro, oppure è ipotizzabile, perlomeno entro certi limiti, un concorso tra rimedi di diritto uniforme e rimedi domestici? Per rispondere a questa domanda, è necessario ovviamente prendere le mosse dalle previsioni della CISG concernenti il problema del concorso tra tutele di diritto uniforme e tutele domestiche, verificando, una volta illustrato il significato di dette previsioni, se da esse possano o non trarsi criteri generali, utilizzabili anche in relazione ai possibili casi di concorso, cui la Convenzione non fa alcun riferimento. Si tratta – escludendo che si debba avere riguardo all’art. 28 CISG che, a ben vedere, regola una ipotesi sì di interazione, ma non anche di possibile concorso tra tutele convenzionali e tutele domestiche – degli artt. 4 e 5 CISG, per quanto concerne, rispettivamente, l’invalidità del contratto di compravendita internazionale e il cumulo, con l’azione di responsabilità contrattuale di diritto uniforme, dell’azione domestica di responsabilità extracontrattuale. Il secondo paragrafo è dedicato all’art. 4 CISG che, come si è appena accennato, è il dato normativo cui occorre riferirsi per stabilire se sia o non possibile esperire, in relazione a una compravendita internazionale rientrante nell’ambito di applicazione della stessa CISG, le azioni di diritto domestico tendenti a far dichiarare l’invalidità del contratto. In particolare, viene in rilievo la parte di detto art. dove si stabilisce che «salvo disposizione contraria ed espressa contenuta nella presente Convenzione, essa non riguarda: a) la validità del contratto o di singole sue clausole o degli usi». A questo proposito, si sostiene, con varie argomentazioni, la tesi secondo cui la nozione di validità di cui all’art. 4 andrebbe, al pari della maggior parte delle altre nozioni contenute nella CISG, interpretata autonomamente, cioè in un’ottica internazionale, e dunque non rimanendo ancorati alle definizioni proprie dei singoli diritti nazionali. In quest’ottica, si segnala anche che la giurisprudenza straniera più recente sembra accogliere un concetto relativamente ampio di invalidità, idoneo a comprendere tutte le forme di vizi originari dell’atto che la civilistica italiana tradizionalmente riconduce alla figura in parola, cioè non solo nullità, ma anche annullabilità e rescindibilità. Ciò posto, si tratta poi di chiarire il significato da attribuire all’inciso «salvo disposizione contraria ed espressa contenuta nella presente Convenzione». A questo riguardo, dopo avere scartato altre tesi, si sostiene che il ricorso a una determinata azione domestica di invalidità deve ritenersi escluso tutte le volte in cui la CISG disciplini un rimedio che, anche se non espressamente classificato come azione di invalidità, appaia per sua natura preclusivo, oppure anche solo funzionalmente equivalente all’azione domestica di invalidità astrattamente configurabile, e ciò secondo una valutazione che all’interprete non rimane che operare di volta in volta, in relazione a ogni specifica azione di invalidità idonea a venire in rilievo. Il terzo paragrafo si concentra sulla questione dell’eventuale concorso, con l’azione di responsabilità contrattuale di diritto uniforme, di un’azione domestica di responsabilità extracontrattuale. Si tratta di una questione di notevole importanza pratica, e ancora una volta in relazione alla quale – o, per meglio dire, in relazione a un aspetto della quale – sussiste un dato normativo di riferimento all’interno della CISG, cioè l’art. 5 ai sensi del quale «la presente Convenzione non si applica alla responsabilità del venditore per morte o lesioni personali causate dai beni a qualsiasi persona». Dopo avere affrontato una serie di problematiche interpretative concernenti la previsione appena citata, si sostiene la tesi della inapplicabilità della CISG a tutti i danni non patrimoniali causati dai beni oggetto di compravendita internazione, a prescindere dalla circostanza che si sia oppure non in presenza di eventi quali la morte o le lesioni personali. Questa tesi, infatti – pur potendo, a prima vista, apparire non collimante con la formulazione letterale dell’art. 5 – viene considerata dotata di fondamento, in quanto perfettamente coerente con ratio della responsabilità contrattuale regolata dalla CISG, ratio che può essere, perlomeno in via di prima approssimazione, identificata con il perseguimento dell’obiettivo di rendere risarcibile tutto ciò che, sul piano squisitamente patrimoniale, ci si sarebbe potuti attendere di vantaggioso da una corretta esecuzione del contratto. In relazione, poi, ai danni patrimoniali diversi da quelli causati dai beni e collegati a morte o a lesioni personali (per quelli causati dai beni e collegati a morte o a lesioni personali, invece, la sottoposizione della risarcibilità al diritto domestico è evidente, considerato il tenore letterale dell’art. 5), e che potrebbero risultare risarcibili ai sensi di un determinato diritto domestico, l’art. 5 CISG non fornisce alcuna indicazione utile. A questo proposito, si considera senz’altro preclusa la possibilità di invocare l’azione domestica di responsabilità contrattuale, in quanto la responsabilità contrattuale appare, con riferimento ai danni patrimoniali non esclusi dalla portata della CISG ai sensi dell’art. 5, materia esclusivamente regolata dalla CISG medesima. Con riguardo, invece, all’azione extracontrattuale, si sostiene il medesimo functional equivalence approach prospettato in precedenza con riguardo alle azioni di invalidità. In particolare, si rileva che la responsabilità contrattuale, almeno in linea di principio, consegue alla lesione di interessi diversi da quelli la lesione dei quali dà origine alla responsabilità extracontrattuale propria dei singoli diritti domestici. Inoltre, si sostiene che l’adozione del functional equivalence approach anche in relazione alla questione ora in esame risulta coerente con la natura dispositiva della CISG in quanto, se il risarcimento dei danni patrimoniali diversi da quelli contemplati nell’art. 5 CISG dovesse intendersi assicurato dalla sola Convenzione, le parti si troverebbero a godere della possibilità di escludere in via pattizia la responsabilità, con la conseguenza che la parte danneggiata rimarrebbe, in questo caso, senza alcun tipo di protezione, ciò che appare irragionevole. La conclusione è dunque nel senso di una tendenziale ammissibilità, in relazione ai danni patrimoniali non esclusi dall’ambito di applicazione della CISG già ai sensi dell’art. 5, del concorso tra l’azione extracontrattuale domestica e l’azione contrattuale di diritto uniforme, salva, però, la necessaria verifica, da compiersi in relazione a ogni singolo caso di specie, della effettiva sussistenza della diversità di interessi da tutelare sopra enunciata in linea di principio, nonché salva la verifica del fatto che il diritto domestico applicabile in via concorrente ammetta il c.d. cumulo della responsabilità extracontrattuale con quella contrattuale. Considerata la conclusione del paragrafo precedente, nel quarto paragrafo si apre una parentesi sul diritto italiano, in merito alla cumulabilità o no, in detto diritto, delle azioni contrattuale ed extracontrattuale. A questo proposito, si segnala come la giurisprudenza italiana sia tradizionalmente orientata in favore della soluzione affermativa, nonostante che la dottrina sostenga posizioni tra loro notevolmente differenti, talvolta anche di segno negativo. Dopo una analisi di questi orientamenti, si sostiene la tesi della ammissibilità del cumulo, facendo leva sul fatto che i due rimedi sono strutturalmente e funzionalmente differenti, con la conseguenza che si dovrà, di volta in volta, verificare la configurabilità dell’uno, dell’altro, o, eventualmente, anche di entrambi, ove ne sussistano contemporaneamente i relativi presupposti. Con una sola precisazione: nonostante la diversità appena indicata, si tratta pur sempre, in entrambi i casi, di forme di risarcimento del danno, ciò che comporta la necessità di fare particolare attenzione, ove si riconosca in un determinato caso concreto la possibilità di ricorrere a entrambi i rimedi, a non dare spazio a inammissibili duplicazioni risarcitorie. È interessante notare che in questo paragrafo si segnala anche come una serie di indici presenti nelle più recenti pronunce della Cassazione facessero pensare alla possibilità di un futuro mutamento di giurisprudenza, cioè alla possibile affermazione, nella successiva giurisprudenza italiana, della tesi che nega il cumulo dei due rimedi: e, dopo la pubblicazione dello scritto, una tesi del genere è stata in effetti prospettata, sia pure solo nell’ambito di un obiter dictum, dalle Sezioni Unite della Cassazione nelle sentenze nn. 26972, 26973, 26974 e 26975 del 2008. Il quinto e ultimo paragrafo tira le fila dei paragrafi precedenti, ricordando, in particolare, come, in relazione a entrambe le fattispecie in cui può darsi un concorso tra rimedi convenzionali e rimedi domestici esaminate in precedenza, il criterio in base al quale decidere circa l’effettiva possibilità di ricorrere ai singoli, vari rimedi di volta in volta interessati sembrerebbe dover essere quello dell’equivalenza funzionale. Quanto all’invalidità del contratto di vendita internazionale, detto criterio è desumibile dall’esegesi di una specifica disposizione della CISG (l’art. 4) mentre, con riferimento al concorso tra azione contrattuale di diritto uniforme e azione extracontrattuale domestica, esso appare – con la sola eccezione delle tipologie di danno indicate nell’art. 5, per le quali il concorso è escluso a priori, essendo la risarcibilità delle stesse senz’altro disciplinata dal diritto domestico applicabile – la soluzione maggiormente compatibile con la diversa natura degli illeciti che giustificano l’esperimento dei rimedi in parola. Tutto ciò considerato, si ipotizza allora che il criterio dell’equivalenza funzionale integri un vero e proprio principio generale in materia di concorso tra tutele di diritto uniforme e tutele domestiche, e risulti pertanto utilizzabile, perlomeno in assenza di specifici riscontri di segno opposto, anche in relazione ad altre ipotesi di possibile concorso diverse da quelle sopra considerate. Detto criterio appare, del resto, pienamente compatibile con la previsione di cui al 2° comma dell’art. 7 CISG, ai sensi del quale, nelle materie regolate dalla Convenzione, ma non disciplinate espressamente, è necessario fare ricorso ai principi desumibili dalla CISG medesima, mentre nelle materie non regolate è applicabile il diritto domestico richiamato dalle norme di diritto internazionale privato del foro: infatti, per stabilire se una determinata materia sia o non regolata e, cioè, se una determinata esigenza di tutela venga o non presa in considerazione dalla Convenzione, l’unica via concretamente percorribile, in assenza di chiare indicazioni della Convenzione stessa, sembra essere proprio quella del confronto con le materie, e quindi anche con le rispettive esigenze di tutela, prese in considerazione dai singoli diritti nazionali in relazione a fattispecie analoghe, e ciò in una prospettiva che non può che essere non quella della denominazione o della mera struttura formale dei rimedi, quanto piuttosto quella della loro funzione concreta.

Il concorso tra i rimedi contrattuali di cui alla Convenzione di Vienna sulla vendita internazionale di beni mobili (CISG) e i rimedi domestici

TESCARO, Mauro
2007-01-01

Abstract

Questo scritto ha affrontato una questione, al tempo, ancora pressoché trascurata nella dottrina italiana. Lo scritto è diviso in cinque paragrafi. Il primo paragrafo, quello introduttivo, inizia col rilevare come la CISG detti una disciplina settoriale, in quanto diretta regolare solo le compravendite internazionali e, in quest’ambito, solo determinate tipologie di compravendite. Si tratta, inoltre, di una disciplina non esaustiva, in quanto non risolve tutte le questioni che possono emergere in concreto in relazione a una fattispecie che pure rientri nel campo di applicazione della CISG medesima. Proprio in considerazione di ciò, emerge la domanda alla quale il saggio intende rispondere: l’applicabilità, a una determinata fattispecie, della CISG, esclude a priori la possibilità di ricorrere, in relazione a detta fattispecie, ai rimedi domestici non specificamente contemplati nella Convenzione, ma che risulterebbero esperibili ai sensi del diritto nazionale richiamato dalle norme di diritto internazionale privato del foro, oppure è ipotizzabile, perlomeno entro certi limiti, un concorso tra rimedi di diritto uniforme e rimedi domestici? Per rispondere a questa domanda, è necessario ovviamente prendere le mosse dalle previsioni della CISG concernenti il problema del concorso tra tutele di diritto uniforme e tutele domestiche, verificando, una volta illustrato il significato di dette previsioni, se da esse possano o non trarsi criteri generali, utilizzabili anche in relazione ai possibili casi di concorso, cui la Convenzione non fa alcun riferimento. Si tratta – escludendo che si debba avere riguardo all’art. 28 CISG che, a ben vedere, regola una ipotesi sì di interazione, ma non anche di possibile concorso tra tutele convenzionali e tutele domestiche – degli artt. 4 e 5 CISG, per quanto concerne, rispettivamente, l’invalidità del contratto di compravendita internazionale e il cumulo, con l’azione di responsabilità contrattuale di diritto uniforme, dell’azione domestica di responsabilità extracontrattuale. Il secondo paragrafo è dedicato all’art. 4 CISG che, come si è appena accennato, è il dato normativo cui occorre riferirsi per stabilire se sia o non possibile esperire, in relazione a una compravendita internazionale rientrante nell’ambito di applicazione della stessa CISG, le azioni di diritto domestico tendenti a far dichiarare l’invalidità del contratto. In particolare, viene in rilievo la parte di detto art. dove si stabilisce che «salvo disposizione contraria ed espressa contenuta nella presente Convenzione, essa non riguarda: a) la validità del contratto o di singole sue clausole o degli usi». A questo proposito, si sostiene, con varie argomentazioni, la tesi secondo cui la nozione di validità di cui all’art. 4 andrebbe, al pari della maggior parte delle altre nozioni contenute nella CISG, interpretata autonomamente, cioè in un’ottica internazionale, e dunque non rimanendo ancorati alle definizioni proprie dei singoli diritti nazionali. In quest’ottica, si segnala anche che la giurisprudenza straniera più recente sembra accogliere un concetto relativamente ampio di invalidità, idoneo a comprendere tutte le forme di vizi originari dell’atto che la civilistica italiana tradizionalmente riconduce alla figura in parola, cioè non solo nullità, ma anche annullabilità e rescindibilità. Ciò posto, si tratta poi di chiarire il significato da attribuire all’inciso «salvo disposizione contraria ed espressa contenuta nella presente Convenzione». A questo riguardo, dopo avere scartato altre tesi, si sostiene che il ricorso a una determinata azione domestica di invalidità deve ritenersi escluso tutte le volte in cui la CISG disciplini un rimedio che, anche se non espressamente classificato come azione di invalidità, appaia per sua natura preclusivo, oppure anche solo funzionalmente equivalente all’azione domestica di invalidità astrattamente configurabile, e ciò secondo una valutazione che all’interprete non rimane che operare di volta in volta, in relazione a ogni specifica azione di invalidità idonea a venire in rilievo. Il terzo paragrafo si concentra sulla questione dell’eventuale concorso, con l’azione di responsabilità contrattuale di diritto uniforme, di un’azione domestica di responsabilità extracontrattuale. Si tratta di una questione di notevole importanza pratica, e ancora una volta in relazione alla quale – o, per meglio dire, in relazione a un aspetto della quale – sussiste un dato normativo di riferimento all’interno della CISG, cioè l’art. 5 ai sensi del quale «la presente Convenzione non si applica alla responsabilità del venditore per morte o lesioni personali causate dai beni a qualsiasi persona». Dopo avere affrontato una serie di problematiche interpretative concernenti la previsione appena citata, si sostiene la tesi della inapplicabilità della CISG a tutti i danni non patrimoniali causati dai beni oggetto di compravendita internazione, a prescindere dalla circostanza che si sia oppure non in presenza di eventi quali la morte o le lesioni personali. Questa tesi, infatti – pur potendo, a prima vista, apparire non collimante con la formulazione letterale dell’art. 5 – viene considerata dotata di fondamento, in quanto perfettamente coerente con ratio della responsabilità contrattuale regolata dalla CISG, ratio che può essere, perlomeno in via di prima approssimazione, identificata con il perseguimento dell’obiettivo di rendere risarcibile tutto ciò che, sul piano squisitamente patrimoniale, ci si sarebbe potuti attendere di vantaggioso da una corretta esecuzione del contratto. In relazione, poi, ai danni patrimoniali diversi da quelli causati dai beni e collegati a morte o a lesioni personali (per quelli causati dai beni e collegati a morte o a lesioni personali, invece, la sottoposizione della risarcibilità al diritto domestico è evidente, considerato il tenore letterale dell’art. 5), e che potrebbero risultare risarcibili ai sensi di un determinato diritto domestico, l’art. 5 CISG non fornisce alcuna indicazione utile. A questo proposito, si considera senz’altro preclusa la possibilità di invocare l’azione domestica di responsabilità contrattuale, in quanto la responsabilità contrattuale appare, con riferimento ai danni patrimoniali non esclusi dalla portata della CISG ai sensi dell’art. 5, materia esclusivamente regolata dalla CISG medesima. Con riguardo, invece, all’azione extracontrattuale, si sostiene il medesimo functional equivalence approach prospettato in precedenza con riguardo alle azioni di invalidità. In particolare, si rileva che la responsabilità contrattuale, almeno in linea di principio, consegue alla lesione di interessi diversi da quelli la lesione dei quali dà origine alla responsabilità extracontrattuale propria dei singoli diritti domestici. Inoltre, si sostiene che l’adozione del functional equivalence approach anche in relazione alla questione ora in esame risulta coerente con la natura dispositiva della CISG in quanto, se il risarcimento dei danni patrimoniali diversi da quelli contemplati nell’art. 5 CISG dovesse intendersi assicurato dalla sola Convenzione, le parti si troverebbero a godere della possibilità di escludere in via pattizia la responsabilità, con la conseguenza che la parte danneggiata rimarrebbe, in questo caso, senza alcun tipo di protezione, ciò che appare irragionevole. La conclusione è dunque nel senso di una tendenziale ammissibilità, in relazione ai danni patrimoniali non esclusi dall’ambito di applicazione della CISG già ai sensi dell’art. 5, del concorso tra l’azione extracontrattuale domestica e l’azione contrattuale di diritto uniforme, salva, però, la necessaria verifica, da compiersi in relazione a ogni singolo caso di specie, della effettiva sussistenza della diversità di interessi da tutelare sopra enunciata in linea di principio, nonché salva la verifica del fatto che il diritto domestico applicabile in via concorrente ammetta il c.d. cumulo della responsabilità extracontrattuale con quella contrattuale. Considerata la conclusione del paragrafo precedente, nel quarto paragrafo si apre una parentesi sul diritto italiano, in merito alla cumulabilità o no, in detto diritto, delle azioni contrattuale ed extracontrattuale. A questo proposito, si segnala come la giurisprudenza italiana sia tradizionalmente orientata in favore della soluzione affermativa, nonostante che la dottrina sostenga posizioni tra loro notevolmente differenti, talvolta anche di segno negativo. Dopo una analisi di questi orientamenti, si sostiene la tesi della ammissibilità del cumulo, facendo leva sul fatto che i due rimedi sono strutturalmente e funzionalmente differenti, con la conseguenza che si dovrà, di volta in volta, verificare la configurabilità dell’uno, dell’altro, o, eventualmente, anche di entrambi, ove ne sussistano contemporaneamente i relativi presupposti. Con una sola precisazione: nonostante la diversità appena indicata, si tratta pur sempre, in entrambi i casi, di forme di risarcimento del danno, ciò che comporta la necessità di fare particolare attenzione, ove si riconosca in un determinato caso concreto la possibilità di ricorrere a entrambi i rimedi, a non dare spazio a inammissibili duplicazioni risarcitorie. È interessante notare che in questo paragrafo si segnala anche come una serie di indici presenti nelle più recenti pronunce della Cassazione facessero pensare alla possibilità di un futuro mutamento di giurisprudenza, cioè alla possibile affermazione, nella successiva giurisprudenza italiana, della tesi che nega il cumulo dei due rimedi: e, dopo la pubblicazione dello scritto, una tesi del genere è stata in effetti prospettata, sia pure solo nell’ambito di un obiter dictum, dalle Sezioni Unite della Cassazione nelle sentenze nn. 26972, 26973, 26974 e 26975 del 2008. Il quinto e ultimo paragrafo tira le fila dei paragrafi precedenti, ricordando, in particolare, come, in relazione a entrambe le fattispecie in cui può darsi un concorso tra rimedi convenzionali e rimedi domestici esaminate in precedenza, il criterio in base al quale decidere circa l’effettiva possibilità di ricorrere ai singoli, vari rimedi di volta in volta interessati sembrerebbe dover essere quello dell’equivalenza funzionale. Quanto all’invalidità del contratto di vendita internazionale, detto criterio è desumibile dall’esegesi di una specifica disposizione della CISG (l’art. 4) mentre, con riferimento al concorso tra azione contrattuale di diritto uniforme e azione extracontrattuale domestica, esso appare – con la sola eccezione delle tipologie di danno indicate nell’art. 5, per le quali il concorso è escluso a priori, essendo la risarcibilità delle stesse senz’altro disciplinata dal diritto domestico applicabile – la soluzione maggiormente compatibile con la diversa natura degli illeciti che giustificano l’esperimento dei rimedi in parola. Tutto ciò considerato, si ipotizza allora che il criterio dell’equivalenza funzionale integri un vero e proprio principio generale in materia di concorso tra tutele di diritto uniforme e tutele domestiche, e risulti pertanto utilizzabile, perlomeno in assenza di specifici riscontri di segno opposto, anche in relazione ad altre ipotesi di possibile concorso diverse da quelle sopra considerate. Detto criterio appare, del resto, pienamente compatibile con la previsione di cui al 2° comma dell’art. 7 CISG, ai sensi del quale, nelle materie regolate dalla Convenzione, ma non disciplinate espressamente, è necessario fare ricorso ai principi desumibili dalla CISG medesima, mentre nelle materie non regolate è applicabile il diritto domestico richiamato dalle norme di diritto internazionale privato del foro: infatti, per stabilire se una determinata materia sia o non regolata e, cioè, se una determinata esigenza di tutela venga o non presa in considerazione dalla Convenzione, l’unica via concretamente percorribile, in assenza di chiare indicazioni della Convenzione stessa, sembra essere proprio quella del confronto con le materie, e quindi anche con le rispettive esigenze di tutela, prese in considerazione dai singoli diritti nazionali in relazione a fattispecie analoghe, e ciò in una prospettiva che non può che essere non quella della denominazione o della mera struttura formale dei rimedi, quanto piuttosto quella della loro funzione concreta.
2007
Vendita internazionale; Vendita; Convenzione delle Nazioni Unite sulla vendita internazionale di beni mobili
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